Il sistema nazionale di accoglienza ha trovato il suo completamento con l’adozione del D.Lgs. 140/2005 di attuazione della disciplina comunitaria in materia di accoglienza dei richiedenti asilo[18].
Si prevede che l’accoglienza dei richiedenti asilo privi di mezzi di sussistenza sia disposta preferibilmente presso i servizi attivati dagli enti locali e, in caso di indisponibilità, nei centri di identificazione o nei centri di accoglienza allestiti ai sensi della legge 563/1995 (legge Puglia). Agli interessati è rilasciato il permesso di soggiorno. Qualora dopo sei mesi non sia stata adottata le decisione sulla domanda di asilo, il permesso di soggiorno è rinnovato per sei mesi e consente di svolgere attività lavorativa.
Le misure di protezione temporanea
Nel caso di profughi che lasciano il proprio Paese non a causa di misure di discriminazione individuale cui siano stati sottoposti, bensì al verificarsi di gravi eventi (guerra civile, violenze generalizzate, aggressioni esterne, catastrofi naturali ecc.) non è prevista nel nostro ordinamento la possibilità di richiedere il riconoscimento dello status di rifugiato.
Tuttavia, il testo unico sull’immigrazione consente di far fronte a emergenze umanitarie causate da eventi eccezionali. In tali circostanze è possibile per il Governo determinare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri gli interventi di protezione temporanea necessari per accogliere in maniera tempestiva e adeguata le popolazioni sfollate che dovessero raggiungere in massa il territorio italiano (art. 20, D.Lgs. 286/1998).
Tale disposizione è stata applicata per la prima volta nel 1999 in occasione della crisi che ha interessato i territori dell’area balcanica, in seguito della quale sono giunti in Italia circa 30.000 stranieri di diversa etnia (kosovari, serbi, montenegrini).
Per oltre 18.000 di loro era stato previsto con il D.P.C.M. 12 maggio 1999 il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione temporanea e l’assistenza in strutture individuate o realizzate nel territorio nazionale con oneri a carico del Ministero dell’interno.
Gli altri 12.000 circa avevano presentato domanda di riconoscimento dello status di rifugiato.
Le proposte di riforma
La I Commissione (Affari costituzionali) della Camera ha approvato l’11 maggio 2004 un progetto di riforma – frutto dell’esame di sei proposte di legge di iniziativa parlamentare - volta a definire una disciplina organica del diritto di asilo (A.C. 1238 e abb.-A).
La proposta di legge ha iniziato l’esame in Assemblea che vi ha dedicato una sola seduta, il 12 luglio 2004, nel corso della quale si è svolta la discussione generale.
Il progetto di legge è volto nel contempo a dare attuazione all’art. 10 Cost. che garantisce il diritto dell’asilo politico agli stranieri e all’esecuzione delle convenzioni internazionali tentando di conciliare il tema della sicurezza con quello dell’accoglienza.
In particolare, la proposta individua i titolari del diritto di asilo; definisce la composizione e i compiti delle Commissioni territoriali e della Commissione centrale per il riconoscimento del diritto di asilo; individua in dettaglio le modalità per la presentazione e l’esame delle domande di asilo; stabilisce misure di assistenza e di integrazione in favore dei soggetti richiedenti asilo e specifica i diritti spettanti ai rifugiati.
I punti caratterizzanti del testo sono i seguenti:
il riconoscimento del diritto di asilo non soltanto a coloro che sono qualificati come rifugiati secondo le Convenzioni internazionali, ma anche a tutti coloro ai quali nel loro paese di origine sono conculcate le libertà democratiche, ossia a coloro cui è impedito l’effettivo esercizio del diritto di espressione e di libertà politiche e democratiche;
l’estensione dei diritto di asilo anche al coniuge e al convivente;
la costituzione di commissioni competenti ad esaminare le domande di asilo articolate sul territorio che garantiscono tempi più rapidi rispetto alla commissione unica nazionale;
la garanzia ai richiedenti l’asilo dell’assistenza tecnico-giuridica e di tempi ragionevoli per l’esame della domanda;
la disciplina dei centri di identificazione e introduzione della convalida da parte dell’autorità giudiziaria nel caso di trattenimento dei richiedenti asilo;
la possibilità di ricorrere davanti all’autorità giudiziaria in caso di rigetto della domanda.
[1] Corte di Cassazione, Sez. unite civili, sentenza 26 maggio 1997, n. 4674.
[2] La Convenzione di Ginevra è stata ratificata dall’Italia con la legge 24 luglio 1954, n. 722, Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951. Anche le modifiche apportate alla Convenzione dal Protocollo di New York sono state recepite nel nostro ordinamento con la legge 14 febbraio 1970, n. 95.
[3] La Convenzione è stata ratificata con la L. 23 dicembre 1992, n. 523, Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee, con processo verbale, fatta a Dublino il 15 giugno 1990.
[4] D.L. 30 dicembre 1989, n. 416 (conv. con mod. in L. 28 febbraio 1990, n. 39), Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato. Si tratta della prima legge organica in materia di immigrazione e di asilo, successivamente abrogata dalla L. 40/1998 (ora confluita nel testo unico in materia di immigrazione), ad eccezione dell’art. 1, tuttora vigente, recante la disciplina dell’esercizio del diritto di asilo. Fino al 1998, dunque, sia la disciplina dell’immigrazione, sia quella relativa al diritto di asilo erano contenute in un unico provvedimento normativo; a partire da quella data la normativa in materia di immigrazione si è consolidata nel testo unico, mentre il diritto di asilo ha continuato a trovare il suo fondamento normativo in un provvedimento di carattere emergenziale come il D.L. 416/1989.
[5] Legge 30 luglio 2002, n. 189, Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo.
[6] D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero.
[7] L. 24 luglio 1954, n. 722, Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951.
[8] Legge 23 dicembre 1992, n. 523, Ratifica ed esecuzione della convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee, con processo verbale, fatta a Dublino il 15 giugno 1990.
[9] D.P.R. 15 maggio 1990, n. 136, Regolamento per l’attuazione dell’art. 1, comma 2, del D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, in materia di riconoscimento dello status di rifugiato.
[10] Relazione illustrativa del d.d.l. A.S. 795.
[11] D.P.R. 16 settembre 2004, n. 303, Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato.
[12] Si tratta dei delitti per i quali il codice prevede l’arresto obbligatorio in flagranza: i delitti per i quali è stabilita la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni, delitti contro la personalità dello Stato, rapina, estorsione, illegale fabbricazione, vendita e detenzione di armi, delitti per finalità di terrorismo o di eversione ecc.
[13] D.P.R. 13 maggio 2005, Approvazione del documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, per il triennio 2004-2006.
[14] DPR 16 settembre 2004, n. 303, Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato.
[15] Si veda l’audizione del prefetto Anna Maria D’Acenzo, capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno presso il Comitato Schenghen (seduta del 15 novembre 2005).
[16] Il 28 settembre 2000, il Consiglio dell’Unione Europea ha istituito il Fondo Europeo per i Rifugiati (Decisione del Consiglio Europeo n. 2000/596/CE, cd. “Decisione FER”), per sostenere le azioni degli Stati membri dell’Unione in merito alle condizioni di accoglienza, integrazione e rimpatrio volontario di richiedenti asilo, rifugiati e profughi. La Decisione introduce un nuovo sistema di gestione degli interventi, che affida a ciascuno Stato membro il compito di individuare, sulla base della situazione esistente nei singoli Paesi, le carenze nel campo dell’accoglienza, dell’integrazione e del rimpatrio volontario e le azioni da intraprendere per far fronte alle specifiche esigenze riscontrate a livello nazionale, attraverso la predisposizione di un apposito programma di attuazione FER. Le risorse finanziarie del FER vengono ripartite fra gli Stati membri, ai quali viene affidata la responsabilità dell’attuazione delle azioni che beneficiano del sostegno comunitario e quindi la selezione, la sorveglianza, il controllo e la valutazione dei singoli progetti. In Italia, l’Autorità Responsabile è il Ministero dell’Interno.
[17] Corte dei conti, Relazione concernente l’indagine di controllo sulla «Gestione delle risorse previste in connessione al fenomeno dell’immigrazione. Regolamentazione e sostegno all’immigrazione. Controllo dell’immigrazione clandestina, Programma di controllo 2004, 11 marzo 2005, pag. 78-79.
[18] D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 140, Attuazione della direttiva 2003/9/CE che stabilisce norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri.